Ideazione e realizzazione della campagna #caudodainumeri del candidato sindaco alle primarie di centro-sinistra di Giovanni Caudo.
(con Martina Cardelli e Giovanni Caudo)
















design, rome
Ideazione e realizzazione della campagna #caudodainumeri del candidato sindaco alle primarie di centro-sinistra di Giovanni Caudo.
(con Martina Cardelli e Giovanni Caudo)
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Una nuova serie (#modernismabuse):
Siamo sicuri che l’eredità moderna sia mai stata conclusa? Tra eredità raccolta e riproposta e riflessione sulla sua conservazione, la memoria del moderno è ancora salda e attiva nella nostra cultura.
E quindi analogamente è ancora forte la sua messa in crisi?
Lo spunto mi è stato dato dal caso del progetto del “Nid d’abeille” e “Sémiramis” di Casablanca, progettato all’interno del programma “Carrières Centrales” che prevedeva alcuni progetti di sviluppi urbani modernisti nella città marocchina, realizzati tra il 1951 e il 1952 dal team Atbat-Afrique, composto dagli architetti Georges Candilis, Shadrach Woods e Vladimir Bodianski.
E’ evidente la forza plastica di questi edifici che provano a reinterpretare in chiave moderna alcuni elementi tipologici tipici della cultura medio orientale (come i cortili, addirittura utilizzati su più livelli come specie di terrazze e alternati, e gli spazi distributivi/comuni “le strade all’aria”).
Ricordiamo che Canidilis e Woods provengono dallo studio di Le Corbusier e hanno lavorato all’Unité d’Habitation di Marsiglia ma anche che faranno parte del Team X che nasce all’interno del CIAM nel 1953 assieme agli Smithson, De Carlo, Bakema, Van Eyck, quindi interpreti di una eredità moderna ma anche i primi a provare a metterla in discussione cercando strade diverse.
Potremmo dire che il loro sguardo intravede il problema della modernità e il loro tentativo di praticare una modernità gentile in realtà non farà altro che scardinare una sorta di “naturale ribellione” della cittadinanza all’imprimatur dell’architettura sulle condizioni abitative dell’uomo.
Perché lo stravolgimento concettuale (più che formale) degli edifici nel corso degli anni diviene una sorta di “manifesto ideologico” del tema dell’appropriazione dell’edificio da parte di una comunità, tema nevralgico similare a quello tanto dibattuto della “esportazione della democrazia” per comprendere le differenze tra culture diverse inquadrate nell’ambito dell’architettura e dei suoi processi.
Sulla base di queste analisi ho prodotto alcuni collage digitali che tentano di porre lo stesso interrogativo sul “nostro patrimonio moderno”, provare ad indagare quale effetto estetico si otterrebbe se violassimo alcuni edifici iconici della storia di architettura contemporanea italiana?
Bisognerà rivedere tutti i manuali di storia dell’architettura.. ridefinire i criteri di giudizio e le attitudini descrittive per valutare le architetture del mondo, a maggior ragione dopo l’esperienza anti-sociale e/o della crisi degli spazi fisici, che ha rivalutato come fatto non così malsano la misantropia, del Covid-19.
Del resto Google, nel presentare il servizio Street View, dice proprio Street View di Google Maps è una rappresentazione virtuale del mondo che ci circonda su Google Maps che fa a venire alla mente l’opera magna di Schopenauer “Il mondo come volontà e rappresentazione”.
Insomma che il mondo sia rappresentazione è una scoperta che viene da lontano. Forse il vero tema in realtà è quale dei tanti mondi rappresentati ha più efficacia degli altri.
In ogni caso questa nuova riflessione è semplice. Come cambierebbe la storia dell’architettura se giudicassimo le opere da street view? Mi sembra già evidente che avverrebbe una micro rivoluzione teoretica. Perché alcune opere amplificano le loro qualità mentre altre non riescono a trovare la loro giusta dimensione espressiva.
Ecco questa riflessione nasce con il caso molto interessante di Odhams Walk, opera del 1979 progettata e realizzata dal Greater London Council a Londra, che si rivela essere molto adatta alla visita in modalità street view, opera versatile proprio in relazione al suo essere attraversata, guardata (che offre sempre scenari inediti e diversi), capace di intercettare la piacevolezza del suo attraversamento come spunto progettuale.
QU3 – I QUADERNI DI UrbanisticaTre / NUOVE ARCHITETTURE URBANE
QU3 #18
A cura di Mattia Darò, Flavio Graviglia, Milena Farina
Edizioni Quodlibet
La città contemporanea, costruita nel corso degli ultimi decenni, appare oggi come una somma di edifici-eccezione, apparentemente autoreferenziali e incapaci di entrare in dialogo tra loro. Negli ultimi anni alcune rilevanti figure del panorama architettonico hanno proposto una visione alternativa dello spazio urbano, fondata su alcuni caratteri tipici della città europea: il ruolo centrale assegnato all’architettura nella costruzione dello spazio urbano, la funzione della facciata come elemento in grado di conferire carattere e forma alla città, l’equilibrio tra uniformità e variazione architettonica, sono gli aspetti qualificanti di un modello spaziale e figurativo radicato nel senso comune. La ricerca di una continuità con la città storica e la rielaborazione dei temi tradizionali della facciata urbana si traduce in architetture dal carattere rigoroso e seriale che sembrano porsi in alternativa alle architetture singolari caratteristiche del passaggio al nuovo millennio. Tuttavia queste Nuove Architetture Urbane, pur ricercando una continuità estetica e percettiva con la città storica, finiscono per emergere come singoli oggetti autoriali, configurandosi come una delle tante espressioni dell’articolato panorama della cultura postmoderna.
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